
Ora leggere le parole di Tommasi, Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, in cui asserisce di “sconsigliare l’outing ai calciatori eventualmente omosessuali” perché “potrebbe creare imbarazzo perché la convivenza professionale tra calciatori è diversa da quella tra giornalisti, impiegati o qualsiasi altro mestiere”, mi fa un certo effetto. Da una parte sorrido all’immagine della saponetta che scivola per terra nelle docce dopo una partita di calcio. Se qualcuno fa outing che succede? Non si china più nessuno? Dall’altra invece mi lascia basito che al giorno d’oggi, proprio la rappresentanza della “casta” dei calciatori più pagati di ogni altro lavoratore, ormai considerati personaggi pubblici, dove ogni parola, ogni gesto, ogni vestito e ogni moda diventa legge, abbia ancora delle ritrosie di questo tipo. Personalmente ho giocato con persone più o meno dichiaratamente omosessuali (e non solo maschi) e devo dire che la cosa non mi ha mai imbarazzato minimamente. Certo è che l’imbarazzo in qualunque contesto nasce quando c’è ignoranza culturale, chiusura mentale, incapacità di cogliere sfaccettature diverse da quelle tradizionali, da quelle che siamo abituati a considerare “normali”. Allora credo che il problema sia un altro: se il calciatore gay che fa outing rischia di diventare una macchietta, allora è sulla cultura della società di oggi che bisogna intervenire. Non è negando se stessi che il mondo cambia ma è accettando l’altro (qualunque esso sia…) che si cresce in armonia.
Nessun commento:
Posta un commento